Linguaggio e funzione comunicativa. Il linguaggio è considerato essere la facoltà umana che permette di esprimere a sé stessi e agli altri le nostre esperienze, sensazioni, stati d’animo, sentimenti, concetti e idee e, allo stesso tempo, di elaborare quelle altrui. In quanto competenza di produzione e comprensione, il linguaggio coinvolge capacità cognitive quali il pensiero, il problem-solving, il ragionamento e i giudizi partendo dalla facoltà di memorizzare e recuperare i significati.
Teorie sul linguaggio
Il linguista Ferdinand De Saussure (1) opera una distinzione tra lingua e linguaggio: la prima si riferisce ad un sistema di segni convenzionali che formano il codice un particolare idioma (es. l’italiano, il francese, il tedesco etc.). Convenzionali in quanto frutto di un implicito accordo all’interno della comunità che ne condivide le regole d’uso; il secondo riferisce alla facoltà che ognuno di noi ha di apprendere e quindi utilizzare la lingua cui è esposto.
Molti autori si sono concentrati nello studio delle origini del linguaggio, sviluppando differenti teorie comprendenti quelle Comportamentiste, Innatiste e Intermedie.
Teorie Comportamentiste
In riferimento a quanto sostiene Skinner (2), l’apprendimento del linguaggio avviene in modo simile a quello di qualunque altro comportamento e quindi grazie all’interazione con l’ambiente, all’associazione tra stimoli e risposte includendo l’uso di rinforzi e punizioni. I primi suoni simili al linguaggio adulto emessi dal bambino vengono premiati, inoltre, la capacità, da parte dello stesso, di riuscire ad esprimere bisogni e desideri costituisce già un grandissimo rinforzo.
Teorie innatiste
Chomsky (3) accusa la teoria comportamentista di eccesiva semplicità. L’autore sposta l’attenzione sulla costruzione di modelli in grado di spiegare i processi di acquisizione del linguaggio, la formazione e la comprensione delle frasi e opera una distinzione tra competenza ed esecuzione. La prima è la conoscenza delle regole grammaticali che obbligatoriamente l’individuo deve possedere per utilizzare la lingua; la seconda è la realizzazione della competenza ovvero la produzione (o comprensione) effettiva di frasi.
Teorie Intermedie
Sostengono che esista una predisposizione al linguaggio ma che non sia possibile trascurare l’importanza e l’influenza dell’ambiente esterno. L’attenzione si sposta quindi sugli aspetti semantici e pragmatici del linguaggio.
Secondo Vygotskij (4) l’interiorizzazione della conoscenza avviene prima attraverso l’apprendimento sociale per poi passare al controllo interno; ovvero, il linguaggio avrebbe origine da una funzione sociale per poi arricchirsi e trasformarsi in funzione cognitiva. L’importanza dell’interazione con il contesto sociale è racchiusa nel concetto di interiorizzazione che segna appunto il passaggio dal linguaggio come strumento comunicativo a strumento di regolazione. L’autore identifica la Zona di Sviluppo Prossimale per definire tutte quelle funzioni che sono nel processo di maturazione del bambino; tale zona rappresenta la distanza tra il livello di sviluppo attuale e il livello di sviluppo potenziale che può essere raggiunto con l’aiuto di altre persone.
Un’altra interessante teoria proposta da Garrett (5) vede nel linguaggio una forte componente pianificatoria che avverrebbe su più livelli:
- livello semantico: cioè il significato di ciò che si vuole dire;
- livello sintattico: si pianifica la struttura del discorso;
- livello morfologico: si selezionano le parole ritenute più adatte per esprimere il messaggio;
- livello fonologico: cioè la produzione effettiva dei suoni linguistici.
La comunicazione
È la funzione principale del linguaggio, con il termine comunicazione si intende infatti lo scambio di messaggi tra due o più persone all’interno di un contesto. La comunicazione permette di ottimizzare le molteplici risorse e potenzialità che contraddistinguono l’individuo e consente di soddisfarne gli innumerevoli bisogni. Alcuni esempi dell’utilità della comunicazione sono:
- Scopo strumentale, ovvero il raggiungimento di qualcosa;
- Scopo informativo, per trasferire conoscenze;
- Scopo espressivo, per manifestare sentimenti;
- Scopo di contatto sociale, per socializzare e stringere amicizie;
- Funzione di controllo, al fine di influenzare gli altri.
Nella sua opera, Jakobson (6) analizza gli elementi fondamentali della comunicazione dividendoli in:
- Mittente, colui che invia una comunicazione;
- Messaggio, contenuto della trasmissione;
- Destinatario, soggetto a cui è indirizzato il messaggio
Per poter trasmettere un messaggio sono comunque necessari un contesto di riferimento, un codice di trasmissione condiviso, un canale e lo stabilirsi di un contatto. L’autore inoltre individua altri due fattori che possono influire sulla corretta comprensione del messaggio:
- Il rumore cioè l’interferenza del segnale che può provocare una perdita d’informazione o introdurre elementi non chiari nel messaggio;
- La ridondanza, definita come la misura della ripetizione di informazioni attraverso più significati, in altre parole, la ripetizione dello stesso concetto con parole diverse.
Un elemento fondamentale nel processo comunicativo è il Feedback ovvero la reazione a quanto è stato comunicato. Oltre ad essere positivo o negativo, il feedback si classifica come cognitivo, quando si riferisce ai contenuti, ed emotivo quando riguarda la sfera dei sentimenti e rappresenta la sintonia tra gli interlocutori. In riferimento a tale contesto, possiamo asserire che all’interno di un sistema interpersonale, ogni soggetto influenza gli altri con il proprio comportamento ed è allo stesso tempo influenzato dal comportamento altrui.
Paul Watzlawick (7), nella sua opera “Pragmatica della Comunicazione” (1971), elenca alcuni presupposti teorici che costituiscono gli assiomi della comunicazione:
- Non si può non comunicare, ogni comportamento esprime significato;
- Ogni relazione ha un aspetto di contenuto (cosa si sta comunicando) e uno di relazione (tra le persone che stanno comunicando);
- Il modo di interpretare una comunicazione dipende dalla punteggiatura utilizzata nella sequenza;
- la comunicazione può avvenire in modo analogico (non verbale) che trasmette l’aspetto di relazione e in modo digitale (verbale) che trasmette l’aspetto di contenuto;
- le interazioni possono essere simmetriche, quando gli interlocutori si reputano allo stesso livello, oppure complementari, ovvero quando gli interlocutori si trovano l’uno in una posizione superiore e l’altro in posizione subordinata.
Comunicazione verbale e non verbale
Il linguaggio verbale si serve di segni e suoni convenzionali stabiliti, le parole; la comunicazione non verbale si realizza invece attraverso i segnali del corpo e quindi caratterizzata da gesti, postura, espressioni facciali, orientamento dl corpo, distanza interpersonale, tono e ritmo della voce. Il linguaggio non verbale, essendo meno facile da controllare, lascia filtrare i contenuti profondi. Nonostante si sottolinei che non è la prima impressione quella conta, in realtà non è così perché è proprio quella prima impressione che ci indica se instaurare o no un eventuale rapporto con l’altro. A tale riguardo Ekman e Friesen (8) hanno analizzato una serie di gesti con caratteristiche differenti:
- Gesti illustratori, si utilizzano nel discorso fornendo messaggi visivi a conferma del contenuto espresso;
- Gesti simbolici, sostituiscono le parole in un contesto di significati condivisi;
- Gesti indicatori dello stato emotivo, si riferiscono alle espressioni facciali e sono compiuti in modo inconsapevole;
- Gesti di adattamento, afferiscono al cambio di postura e di movimento;
- Gesti regolatori, si compiono allo scopo di regolare le funzioni del dialogo indicando le proprie intenzioni.
In uno dei suoi studi, Albert Mehrabian (9) ha riscontrato che solo il 7% del contenuto del messaggio è dato dal significato della parola, il 38% dal tono della voce e il 55% dalle espressioni facciali e dai movimenti del corpo. Quindi l’efficacia di un messaggio dipende solo in piccola parte dal significato letterale di ciò che si dice ed è il modo in cui viene percepito e influenzato da fattori non verbali a rendere incisiva un’interazione sociale.
Risulta pertanto di fondamentale importanza acquisire una visione multifattoriale durante un’analisi comunicativa che prenda in considerazione le componenti verbali e non verbali che partecipano alla costruzione del significato del messaggio.
Note:
(1) (De Saussure F. – Linguista e semiologo svizzero considerato uno dei fondatori della linguistica moderna 1857 – 1913)
(2) (Skinner B. – Psicologo statunitense, analista del comportamento e inventore della camera di condizionamento operante. 1904 – 1990)
(3) (Chomsky N. – Filosofo, linguista cognitivista e teorico della comunicazione. Filadelfia 1928)
(4) (Vygotskij L.S. – Psicologo e Pedagogista sovietico, teorizzatore della Zona di Sviluppo Prossimale 1896 – 1934)
(5) (Garrett M.F. – Level of processing in sentence production – Vol.1)
(6) (Jakobson R. – Linguista russo – “Linguistica e poetica” 1958)
(7) (Watzlawick P. – Psicologo e filosofo austriaco esponente della Scuola di Palo Alto – 1921 – 2007)
(8) (Ekman P., Friesen W. – “Te lo leggo in faccia. Riconoscere le emozioni anche quando sono nascoste” – 2008)
(9) (Mehrabian A. – “Nonverbal communication” – 1972)
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