Plasticità cerebrale.
Le neuroscienze si pongono come principale obiettivo quello di indagare e comprendere come il nostro cervello produce comportamenti appresi o adattivi che ci consentono di prosperare in ambienti complessi.
L’idea di base è che i processi tramite cui apprendiamo siano associati a cambiamenti cerebrali dati dall’esperienza; questi cambiamenti ci aiutano a svolgere con successo attività importanti, soddisfacendo bisogni e necessità e tenendoci lontani da possibili fonti di pericolo.
Questo processo è piuttosto complicato e richiede una percezione accurata degli elementi presenti nell’ambiente, la capacità di prendere decisioni adeguate e l’abilità di muoverci in modo appropriato.
In più, i nostri sistemi percettivi sono imperfetti e ci rimane impossibile percepire stimoli ed eventi che non si sono ancora verificati. Proprio per questo motivo, è importante che il nostro cervello sia in grado di generare delle previsioni sul mondo che possano colmare queste lacune percettive, correggendo comportamenti inappropriati e guidando le decisioni.
A causa di tale complessità, il processo con cui acquisiamo un particolare comportamento adattivo, comporta delle modificazioni in molte regioni cerebrali e guardando ancora più a fondo questi cambiamenti hanno origine all’interno dei neuroni stessi; tale fenomeno prende il nome di plasticità.
I neuroni sono le cellule presenti all’interno del nostro cervello, deputate alla raccolta e alla conduzione di impulsi nervosi; essi comunicano tra loro attraverso dei punti di contatto, chiamati “sinapsi”, in cui avviene lo scambio di informazioni sottoforma di segnale elettrico o chimico.
Ma quindi in che senso i neuroni “cambiano” durante un processo di apprendimento?
Ciò che cambia è la loro reattività a particolari input provenienti dall’ambiente interno, consentendogli di rispondere in modo più efficace agli stimoli e promuovendo così la messa in atto di comportamenti di successo. Ad esempio, un miglioramento delle capacità percettive, produrrà una maggiore attivazione delle mappe cerebrali legate alle azioni, portando così ad un movimento più efficiente.
Sebbene vi siano molteplici meccanismi coinvolti in una funzione così importante come l’apprendimento, qui ci concentreremo solo su uno: in che modo l’esperienza modifica le connessioni sinaptiche tra i neuroni all’interno del nostro cervello.
La ricerca in questo campo ha permesso di individuare meccanismi di plasticità sinaptica in tutte le regioni cerebrali e in forme differenziate.
Una delle idee più influenti su come i cambiamenti legati all’apprendimento potrebbero verificarsi nel cervello è stata formulata per la prima volta da Donald Hebb (1949) circa settant’anni fa. Il famoso postulato di Hebb afferma che se la cellula A “partecipa ripetutamente o in modo persistente” all’attivazione della cellula B, allora la forza della loro connessione dovrebbe aumentare.
In questa affermazione, Hebb sottolinea che i cambiamenti legati all’apprendimento dovrebbero essere individuati nella forza delle connessioni sinaptiche tra i singoli neuroni e che questi cambiamenti dovrebbero, a suo avviso, essere basati sulla causalità e sulla ripetizione.
Si tratta dunque di un processo graduale, in cui i legami tra neuroni si rafforzano di volta in volta sulla base dell’efficacia delle risposte prodotte dall’individuo in determinate situazioni. Questo fenomeno è chiamato “Potenziamento a Lungo Termine” ed è alla base dei meccanismi di plasticità cerebrale e quindi delle capacità di apprendimento; tale processo è compensato da meccanismi di “Deterioramento a Lungo Termine” e insieme mantengono l’equilibrio sinaptico all’interno del cervello.
Neuromodulazione: come si rafforzano le connessioni?
Esiste una letteratura ampia e complessa che descrive la relazione tra l’attività neuromodulatoria e determinati comportamenti umani. Che cosa si intende però per “neuromodulazione”? Essa è l’insieme delle modifiche che avvengono nella trasmissione degli impulsi nervosi tra neuroni. Verrebbe inoltre da chiedersi in che modo la neuromodulazione influenza le connessioni; ebbene, ciò avviene grazie al rilascio dei neurotrasmettitori, delle sostanze chimiche che vengono liberate nello spazio sinaptico.
I neurotrasmettitori sono in grado di mediare la trasmissione dell’impulso da un neurone all’altro grazie al legame con specifici recettori e la loro azione è diffusa su gran parte del cervello. Di conseguenza, la concentrazione dei neurotrasmettitori – e dei loro recettori – influenza profondamente i meccanismi di plasticità sinaptica, promuovendola o riducendola.
Questa regolazione globale da parte dei neurotrasmettitori ovvia agli effetti dannosi legati a una plasticità cerebrale incontrollata, fornendo una potenziale supervisione su determinati comportamenti, quali sensibilità alla ricompensa e alla novità.
Nei prossimi articoli verranno presentati i principali neurotrasmettitori, illustrando il ruolo da loro ricoperto e la loro influenza sul funzionamento cerebrale, psicologico e comportamentale dell’essere umano.
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Argomento molto interessante e anche se di difficile comprensione è stato spiegato con linguaggio ben comprensibile. Non vedo l’ora di leggere il seguito!
Buanasera,
la ringraziamo per il suo commento. Siamo molto felici di riuscire a farci comprendere su argomenti così complessi. A breve saremo liete di pubblicare il seguito dell’articolo.
Cordiali saluti.
Studio DSA