Ci siamo mai fermati a riflettere sul significato della parola attenzione? È un termine che utilizziamo molto spesso quando parliamo ma di preciso…. cos’è l’attenzione? È possibile migliorarla o allenarla? L’articolo che segue ha proprio l’obiettivo di chiarire questi aspetti del processo attentivo, come si struttura e quali modalità di attenzione possiamo distinguere sulla base delle risorse che ad essa dedichiamo.
L’attenzione?
Secondo lo psicologo svizzero Piaget, la conoscenza del mondo non può aver luogo solamente attraverso la ricezione passiva di stimoli e operazioni mentali indipendenti dalla realtà esterna; un ruolo fondamentale è infatti ricoperto dall’attenzione e dalla coscienza (intesa come consapevolezza delle proprie azioni).
Vygotskij sostiene che l’essere umano è attivo e partecipante nel dirigere l’attenzione, nel porre e risolvere un problema e che questo apprendimento attivo implica il controllo dell’attenzione da parte del soggetto.
Gibson a sua volta teorizza l’imprescindibilità dell’attenzione ai fini dell’intelligere e del comunicare. L’attenzione si delinea quale condizione preliminare al metodo e alla programmazione nonché come possibilità di acquisizione e apprendimento.
Cos’è l’attenzione?
L’attenzione è un processo che serve a limitare le informazioni in modo tale da permettere ad un individuo di concentrarsi su quelle che ritiene di maggior valore o più importanti. L’attenzione è variabile e suddivisibile idealmente su una scala che va dai processi pre-attentivi a quelli focali e ciò che determina il livello al quale si colloca è la quantità di energie ad essa dedicate.
Se la quantità di energie è bassa, ci troviamo in uno stato di sonno o profondo rilassamento, se vi è un livello medio siamo invece in uno stato di veglia; quando i livelli sono elevati (ad esempio in situazioni ad alto contenuto emotivo) sono paragonabili a quelli con basse energie e quindi poco utili per l’attivazione ed il controllo dell’attenzione.
- Stati pre-attentivi: consistono in una prima organizzazione a basse risorse (in genere automatizzate) in cui le persone riordinano oggetti o gruppi di oggetti;
- Attenzione Selettiva: consiste nella selezione di elementi sensoriali o depositati in memoria sui quali compiere azioni di elaborazione;
- Attenzione Focalizzata: si tratta di una forma di attenzione involontaria legata a stimoli ambientali salienti che causano una tendenza alla distrazione indipendentemente dalla volontà del soggetto;
- Attenzione Divisa: ci sono casi in cui riusciamo a distribuire l’attenzione su più stimoli ed altri in cui non riusciamo ad integrare più fonti contemporaneamente; ciò è possibile solo se attuiamo una forma di elaborazione almeno in parte automatica.
Quali fattori incidono sull’attenzione?
I fattori che incidono sulla prestazione sono sia la domanda di risorse disponibili sia la strategia di distribuzione delle stesse.
Se un’elevata quantità di risorse viene spostata dal compito, peggiora la qualità della prestazione fino a quando le risorse non vengono nuovamente investite nel compito iniziale. Il vantaggio dei processi automatici risiede nel fatto che possono essere rapidamente ed efficacemente ripartiti contemporaneamente con altri compiti.
Si possono individuare quattro variabili che intervengono in un compito attentivo:
- L’automaticità: ovvero quando la progettazione di uno o più compiti sia facilmente acquisibile come processo automatico della mente;
- La domanda di risorse: ovvero quando la progettazione di un compito richieda risorse mentali eccessive, causando la perdita di vigilanza;
- L’attività del soggetto: ovvero quando la persona abbia acquisito capacità automatizzate di distribuzione delle risorse attentive;
- La difficoltà del compito: ovvero quando l’individuo abbia distribuito le azioni e le funzioni mentali richieste in rapporto alla sostenibilità del compito.
Altri fattori intervenienti nella perdita di vigilanza sono:
- Il tempo: in genere possiamo affermare che la vigilanza di un soggetto decade progressivamente entro la prima mezz’ora;
- Il contesto: possibilmente non deve contenere falsi allarmi attentivi, ovvero esaltare elementi irrilevanti a discapito di quelli signifiativi;
- Un’elevata richiesta di risorse mentali nell’elaborazione
In sintesi possiamo sostenere che l’attenzione (anche verso un compito semplice) tende a decadere nella prima mezz’ora producendo un carico anche nella memoria a breve termine (MBT) che richiede continuamente risorse per l’elaborazione.
L’affaticamento che ne consegue ricade anche sullo svolgimento di compiti successivi per i quali si evidenzia una radicale e ulteriore diminuzione delle risorse disponibili.
Come contrastare la perdita di attenzione?
Per evitare la caduta attentiva si possono attuare diverse tecniche che afferiscono a due aree di applicazione strategica.
La prima si basa sull’aumento di sensibilità, ovvero:
- Creare un solo stimolo, anche quando i contenuti dello stimolo sono diversi, possono essere accomunati da un formato di presentazione comune e ciò aiuta a ridurre il carico mentale e a creare automatismi nelle risposte;
- Aumentare l’importanza dello stimolo, il segnale può essere evidenziato contribuendo ad indirizzare l’attenzione in modo corretto.
- La frequenza degli stimoli, dare la possibilità di variare la frequenza dello stimolo stesso
La seconda si basa sulla modificazione dei criteri di risposta, ovvero:
- Addestrare all’osservazione, se il soggetto apprende a rispondere ad uno stimolo in modo consistente e ripetitivo, ciò sviluppa una risposta automatica allo stimolo stesso;
- Fornire istruzioni, informazioni preliminari su quanto avverrà, possono ridurre lo stato di incertezza e attivare l’attenzione;
- Fornire momenti di riposo, le pause sono fondamentali sia per mantenere la vigilanza sia per i processi di elaborazione della memoria a breve termine.
Quanto sopra esposto vuole essere un piccolo vademecum da utilizzare nel quotidiano per allenare l’attenzione che, come tutte le altre abilità, può essere allenata e potenziata.