Al giorno d’oggi il nostro linguaggio comune fa ampio uso di acronimi che spesso ci creano confusione ed è proprio per questo motivo che vogliamo fare un po’ di chiarezza, soprattutto quando si tratta di disturbi. ADHD (Attention Deficit Hyperactivity Disorder) e DDAI (Disturbo da Deficit di Attenzione/Iperattività) sono sinonimi, il primo espresso in lingua inglese, il secondo in italiano.
ADHD – DDAI….di cosa si tratta?
Secondo il DSM-V (in italiano: Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali) la caratteristica principale del Disturbo da Deficit di Attenzione/Iperattività è “un persistente pattern di disattenzione e/o iperattività-impulsività che interferisce con il funzionamento e lo sviluppo”.
- La disattenzione, dal punto di vista comportamentale, si manifesta come tendenza a distrarsi da ciò che si sta facendo, mancanza di continuità e difficoltà a mantenere nel tempo attenzione e concentrazione.
- L’iperattività potrebbe manifestarsi come eccessiva attività motoria (ad esempio: non riuscire a stare fermi, agitarsi, correre..) oppure anche come aumentata loquacità ovvero come tendenza a parlare in continuazione e in circostanze non adeguate.
- L’impulsività si riferisce invece alla messa in atto di azioni frettolose e improvvise che non hanno premeditazione e che possono risultare pericolose (ad esempio attraversare la strada senza guardare).
Gli elementi appena citati possono essere presenti in misura variabile e i comportamenti che vengono messi in atto dal bambino con ADHD si evidenziano in tutti i suoi contesti di vita interferendo con il suo funzionamento.
Caratteristiche dell’ADHD secondo i criteri diagnostici del DSM-V
Di seguito vengono riportati alcuni comportamenti e sintomi che, secondo il Manuale Diagnostico, possono riscontarsi in soggetti che presentano questo disturbo.
Disattenzione:
- Difficoltà a mantenere l’attenzione sui compiti o sulle attività di gioco;
- Difficoltà ad organizzarsi nelle attività;
- Difficoltà a prestare attenzione ai particolari;
- Il bambino è sbadato nelle attività quotidiane
- Evita di impegnarsi in compiti che richiedono uno sforzo mentale protratto nel tempo;
- Non segue le istruzioni e non porta a termine i compiti assegnati;
- Perde gli oggetti necessari per svolgere compiti o attività;
- Sembra avere la mente altrove.
Iperattività e impulsività:
- Difficoltà a giocare in modo tranquillo;
- Difficoltà nel rispetto dei turni;
- Corre e salta in modo eccesivo e spesso inopportuno;
- Incapacità a rimanere fermo;
- Spesso si agita e si muove con irrequietezza;
- Fornisce risposte prima che la domanda sia completata;
- Spesso interrompe gli altri o è invadente;
- Sente la necessità di alzarsi anche in situazioni che richiedono di rimanere al proprio posto (in classe, sul luogo di lavoro, al ristorante….).
Caratteristiche dell’ADHD secondo i criteri dell’ICD-10
Nell’ICD-10 (in italiano: Classificazione Internazionale delle Malattie e dei Problemi Correlati) elaborato dall’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità), l’ADHD rientra nei “Disturbi comportamentali e della sfera emozionale con esordio abituale nell’infanzia e nell’adolescenza” che comprendono:
- Disturbo dell’attività e dell’attenzione che denotano mancanza di costanza nelle attività che richiedono impegno cognitivo e la tendenza a fare più attività senza completarne alcuna;
- Disturbi della condotta, caratterizzati da modalità ripetitive e persistenti di condotte antisociali, aggressive o provocatorie come ad esempio eccessiva violenza, danni a proprietà, furti, crudeltà verso animali o persone…;
- Disturbi della sfera emozionale con esordio caratteristico dell’infanzia;
- Disturbi misti della condotta e della sfera emozionale che associa le caratteristiche del disturbo della condotta a sintomi di ansia, depressione o altri disturbi emozionali;
- Disturbo del funzionamento sociale con esordio specifico nell’infanzia e nell’adolescenza, ovvero gruppo di disturbi accomunati da un’anormalità del funzionamento sociale.
Sviluppo, decorso e trattamento dell’ADHD
Data la grande variabilità dei comportamenti nella prima infanzia, l’ADHD può essere identificato con più precisione nei primi anni della scuola primaria quando i sintomi diventano più evidenti. Nel periodo della preadolescenza e adolescenza il disturbo tende a stabilizzarsi e, con l’ingresso nell’età adulta, si attenuano i sintomi di iperattività mentre persistono le difficoltà di attenzione, irrequietezza e impulsività.
Età prescolare: prevalenza di iperattività
Scuola primaria: prevalenza di disattenzione
Adolescenza: attenuazione dell’iperattività
Età adulta: possibile permanenza di comportamenti impulsivi
Esistono differenti metodi che possono essere utilizzati per trattare l’ADHD e, per comodità, possiamo distinguere tra tecniche comportamentali (che consistono in un intervento “pratico” sulle modalità di comportamento) e tecniche cognitive.
Tra le tecniche comportamentali più comunemente utilizzate possiamo citare:
- Il Rinforzamento, ovvero qualunque evento che, fatto seguire all’emissione di un comportamento, ne rende più probabile l’emissione in futuro; metodo molto valido anche per l’apprendimento;
- Token Economy che utilizza rinforzatori simbolici (token) e svolgono quasi la stessa funzione del denaro, inteso come sistema di scambio;
- Il Costo della Risposta, da attuare in maniera personalizzata in base alle caratteristiche del bambino da trattare, molto efficace per diminuire i comportamenti di iperattività e disattenzione.
Tra le tecniche cognitive, la più efficace si è dimostrata essere il Training di autoistruzione verbale, un metodo per far apprendere strategie cognitive attuato attraverso 8 fasi:
- Scelta del compito
- Modeling cognitivo
- Guida esterna esplicita
- Autoistruzioni esplicite
- Modeling di autoistruzioni esplicite ridotte
- Pratica nell’autoistruzione esplicita ridotta
- Modeling di autoistruzioni implicite/interne
- Pratica dell’autoistruzione implicita
Tutoraggio e ADHD
È fondamentale sottolineare che l’attività di tutoraggio NON è orientata all’intervento clinico ma è un servizio di supporto volto ad aiutare lo studente a sviluppare un metodo di studio e strategie efficaci per compensare le proprie fragilità. L’obiettivo principale è il raggiungimento del massimo grado di autonomia.
Il tutoraggio infatti consiste in un percorso di addestramento, accompagnamento e supporto rivolto a studenti con difficoltà di pianificazione, programmazione ed esecuzione del compito scolastico. La stessa Consensus Conference 2007 definisce la “presa in carico dell’alunno” come “un processo integrato e continuativo attraverso cui deve essere garantito il governo coordinato degli interventi per favorire la riduzione del disturbo, l’inserimento scolastico, sociale e lavorativo”.
Risulta quindi fondamentale intervenire attraverso il rinforzo sia per il raggiungimento degli obiettivi scolastici sia per far fronte ai problemi di autostima e di autoefficacia, elementi chiave dell’intervento di tutoraggio.
Il momento dei compiti deve rappresentare un momento di crescita e di consapevolezza da cui poter attingere la “percezione di funzionare” al di là delle proprie fragilità. Impostare un training sulle funzioni esecutive (le abilità implicate nel raggiungimento di un obiettivo) permetterebbe dunque di migliorare l’analisi, l’organizzazione, la pianificazione e le attività di completamento, punti di debolezza per un individuo con ADHD.